Archive for February 2011
Il soldato dimenticato XXIV – Lo sforzo del Reich – Dicembre 1942
Al momento, il Reich stava facendo un immenso sforzo per proteggere i suoi soldati dall’ostilità implacabile dell’inverno russo. A Minsk, Kovno, e Kiev, c’erano enormi magazzini di coperte, abiti invernali speciali fatti di pelle di pecora, scarponi con spesse suole isolanti e rivestiti di pelo intrecciato, guanti, cappucci di pelle di gatto doppia, e scaldini portatili che operavano bene sia con il gasolio, con l’olio, o con alcol solidificato, e montagne di razioni in speciali scatole protettive, e migliaia di altre necessità. Era nostro dovere, come truppe da convoglio della ferrovia, consegnare tutto questo alle linee del fronte, dove le truppe combattenti ci stavamo disperatamente aspettando.
Facemmo sforzi sovrumani e tuttavia, non erano mai abbastanza. La punizione che soffrivamo, non per mano dell’esercito russo, che fino a quel momento non aveva fatto quasi nulla eccetto che ritirarsi, ma dal freddo, che è quasi oltre ogni possibilità di descrizione. Fuori le grandi città non c’era stato il tempo di riparare le strade danneggiate-poche e lontane per iniziarne o per aprirne altre. Mentre la nostra unità stava facendo la sua ginnastica autunnale, la Wermacht, dopo una straordinaria avanzata, si era ritrovata in un incredibile pantano. Poi il primo gelo aveva solidificato le mostruose carreggiate che conducevano a Est. I nostri mezzi avevano faticato enormemente su queste strade, che infatti erano percorribili solo dai carri, ma la durezza del suolo aveva temporaneamente permesso l’approvvigionamento delle truppe. Poi l’inverno rovesciò giu tonnellate di neve attraverso l’immensità della Russia, e nuovamente paralizzò il traffico.
Questo è il punto che avevamo raggiunto nel Dicembre 1942. Spalavamo via la neve cosicchè I nostri camion potevano avanzare quindici o venti miglia al mattino, solo per scoprire che I nostri sforzi dovevano essere raddoppiati nello stesso giorno. La terra sotto la neve era un sinistro rilievo di avvallamenti e buche, che noi pigiavamo o coprivamo. Alla sera ci sparpagliavamo per trovare riparo per la notte
Qualche volta potevamo disporre di un riparo allestito dai genieri, qualche volta potevamo trovare un’isba, una grande capanna russa o una qualsiasi casa. Spesso ci affollavamo in più di cinquanta uomini in una costruzione pensata per una coppia e due bambini. Gli alloggi più desiderati erano le grandi tende progettate apposta per la Russia. Erano alte e appuntite, come teepees, impermeabili, e progettate per nove uomini. Noi eravamo raramente più di venti, e in ogni caso non c’erano abbastanza tende. Fortunatamente, avevamo razziato i nostri magazzini di cibo a causa del freddo, e con abbastanza di cui nutrirci, eravamo in grado di mantenerci ragionevolmente bene. Alcuni di noi iniziarono a brulicare di vermi, dato che avevamo raramente la possibilità di lavarci, e quando ritornavamo a Minsk, il nostro primo dovere era di passare attraverso la disinfestazione
Il soldato dimenticato XXIII – Ourlka!-
Specie di vie di transito erano state costruite con assi e altri oggetti solidi buttati in mezzo a tutto questo caos. Di quando in quando cedemmo il passo a una donna russa carica di provviste, e sempre seguita da quattro o cinque bambini che ci fissavano con occhi rotondi attoniti. C’erano anche molti negozi curiosi le cui finestre rotte erano state rimpiazzate da tavole o sacchi ripieni di paglia. Hals, Lensen, Morvan e io entrammo in diversi di questi per curiosità. C’era sempre un mucchio di grandi vasi di terracotta dipinti di vari colori, che contenevano o piante immerse in un liquido, verdure essiccate, o un curioso sciroppo denso che era la via di mezzo fra marmelllata e il burro.
Dal momento che non sapevamo tanto bene dire hello in Russo, entravamo sempre in questi posti parlando fra noi. I pochi russi che erano all’interno immancabilmente assumevano un atteggiamento fra l’ansioso e il sorridente, mentre il proprietario o il conduttore del negozio si avvicinava con un sorriso accattivante e ci offriva grandi assaggi di questi prodotti, in un tentativo ovvio di placare i fieri guerrieri che loro immaginavano noi fossimo. Ci davano spesso una fine farina giallognola da mischiare in questo sciroppo il cui sapore era lontano dall’essere sgradevole, in qualche modo ricordava il miele. Il solo aspetto scoraggiante era una sovrabbondanza di grasso. Posso ancora vedere le facce di quei Russi, che ridevano quando mandavamo giu questo prodotto e pronunciavano una parola che sembrava piuttosto un “ourlka”. Non fui mai sicuro se questo significasse mangiare o fosse semplicemente il nome del preparato. Ci furono giorni quando noi realmente ci rimpinzavamo di ourlka, e in ogni caso non ci impediva dall’apparire puntuali alle undici del mattino al pranzo ufficiale.
Hals accettava qualsiasi cosa i russi gli offrissero con così tanta gentilezza. Qualche volta lo trovai molto rivoltante, allungando la sua gavetta alla generosità di questi mercanti sovietici quando versavano nella gavetta delle misture che si assomigliavano l’un l’altra nella loro consistenza approssimativa e acquosa. Qualche volta la sua gavetta aveva una combinazione della famosa ourlka, grano arrostito, aringa salata tagliata a pezzi, e altri diversi ingredienti. Qualunque cosa fosse il preparato, Hals lo divorava con chiaro gusto, come un grande porco. Se si eccettua questi momenti di distrazione intervallati ai nostri molti lavori, scarsamente avevamo tempo di divertirci. Minsk era un centro importante di rifornimento per l’armata, dove i convogli erano costantemente caricati e scaricati.
La vita per le truppe in questo settore erano certamente ben organizzata. La posta era distribuita, c’erano film per i soldati in licenza – noi non avevamo il permesso di vederli, biblioteche e ristoranti gestiti da civili russi, ma riservati interamente ai soldati tedeschi. I ristoranti erano troppo costosi per me e non ci andavo mai, ma Hals, che avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per un buon pasto, spendeva tutto il suo denaro in questi posti, e una certa parte anche dei nostri! L’accordo era che ci avrebbe fornito un dettagliato resoconto della sua esperienza, che assolveva fedelmente, con molti abbellimenti. Sbavavamo con piacere quando lo ascoltavamo.
Eravamo molto meglio nutriti qui che di quando stavamo in Polonia, e potevamo integrare le nostre razioni spendendo poco-e ne avevamo realmente bisogno. Il freddo in quei giorni iniziali di dicembre era diventato estremamente acuto, ed era sceso a meno cinque gradi sotto zero. La neve, che cadeva in grande abbondanza, non si scioglieva mai, e ce n’era già oltre tre piedi in qualche posto. Evidentemente questo rallentò il movimento dei rifornimenti al fronte, e , secondo le truppe che ritornavamo dalle posizioni avanzate dove il freddo era ancora più aspro che a Minsk, i poveri tipi erano costretti a dividere le razioni che erano già ridicolosamente ridotte al minimo. Il cibo insufficiente combinato al freddo produsse molti casi di polmonite e di congelamento .
Il soldato dimenticato- XXII
Hai visto? Sussurrò. Hanno ammassato l’uno sull’altro i loro morti per ripararsi dal freddo. Esterrefatto potei solo rispondere con qualche cosa che somigliava a un gemito. Ogni vagone portava uno cumulo di corpi umani. Rimasi come pietrificato dall’orrore della scena che mi scorreva davanti: facce interamente prosciugate del sangue, e piedi nudi irrigiditi dalla morte e dal freddo. Il decimo vagone ci aveva appena sorpassato quando qualcosa di perfino più orribile accadde. Quattro o cinque corpi scivolarono via dal carico malamente bilanciato e caddero al lato dei binari. Il treno funereo non si fermò. Un gruppo di ufficiali e sottufficiali dal nostro treno sopraggiunse per investigare. Guidato da non so quale elemento di curiosità saltai giù dal vagone e mi diressi verso gli ufficiali. Salutai e chiesi con una voce tremolante se gli uomini fossero morti. Un ufficiale mi guardò attonito e capii che avevo appena abbandonato il mio posto di guardia. Doveva aver notato la mia confusione, dato che non mi rimproverò.
Lo penso anch’io, disse tristemente. Puoi aiutare i tuoi compagni a seppellire quei poveri corpi. Poi si voltò e si allontanò. Hals era venuto com me. Tornammo al nostro vagone per prendere le pale e iniziammo a scavare trincee ad una breve distanza sopra l’argine. Laus e un altro tipo perquisirono gli abiti degli uomini morti per tentare di trovare qualche elemento utile ad identificarli. Appresi più tardi che la maggior parte di quei poveri diavoli non aveva identità da civile. Hals e io avemmo bisogno di tutta la nostra capacità di sopportazione per trascinare due di loro oltre il fossato senza guardarli. Stavamo ricoprendoli con terriccio quando fischiò il segnale di partenza. Stava diventando più freddo da qualche minuto. Mi sentii sopraffatto da un vasto senso di disgusto.
Un’ora dopo il nostro treno passò attraverso una doppia barriera di strutture e, malgrado l’assenza di luce, potevamo vedere che fossero più o meno distrutte. Incrociammo un altro treno, meno sinistro del precedente, ma scarsamente confortevole. I suoi vagoni erano marcati con croci rosse. Attraverso qualche finestrino potemmo vedere delle barelle, che dovevano trasportare a malapena gli uomini feriti. Da un altro finestrino, soldati avvolti nelle bende ci stavano salutando. Finalmente arrivammo alla stazione di Minsk. Il nostro treno si fermò per tutta la sua lunghezza presso una banchina piena di una folla indaffarata ed eterogenea: soldati armati e di corvè, civili, e gruppi di prigionieri russi legati ad altri prigionieri che indossavano fasce al braccio rosse e bianche e portavano dei manganelli. Questi erano gli informatori che avevano denunciato i famosi “commissari del popolo” ed erano perciò anti comunisti. Reclamavano il diritto di sorvegliare i loro compagni, il che andava molto bene alle nostre autorità, dato che nessuno avrebbe sperato di ottenere un giorno di lavoro decente dai prigionieri russi.
Potemmo udire gli ordini che venivano impartiti, prima in tedesco, poi in russo. Una folla di uomini venne verso il nostro treno, e lo scarico iniziò alle luci dei camion parcheggiati lungo la banchina. Prendemmo parte al lavoro, che richiese due ore buone, ci scaldammo un poco, poi ci gettammo ancora una volta sulle nostre provviste. Hals, uno stomaco insaziabile, aveva consumato più della metà della sua assegnazione in meno di due giorni. Passamo la notte in un grande edificio dove fummo capaci di dormire secondo un buon livello di confort. Il giorno successivo fummo inviati a un ospedale militare, dove fummo trattenuti per due giorni e ci vennero dati una serie di caricatori. Minsk era molto danneggiata. C’erano molte case sventrate e mura segnate dal fuoco delle mitragliatrici. Alcune strade erano totalmente impraticabili, con una linea continua di buchi d’artiglieria e crateri di bombe, spesso profonde più di quindici piedi