Mauro Faina's blog

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Il soldato dimenticato VII

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19 settembre 1942. Il mattino seguente siamo giù dai letti alle 5 , e sarà così per le prossime due settimane. Dovremo anche sottoporci a un addestramento intensivo, e dovremo attraversare quel dannato stagno ogni giorno, non più come semplici bagnanti, ma con il completo equipaggiamento da combattimento.
Stanchi, bagnati fradici, ci lanciamo sui nostri materassi ogni sera, sopraffatti da un sonno schiacciante, senza un briciolo di energia per scrivere alle nostre famiglie. Come tiratore scelto sto facendo rapidi progressi. Devo aver sparato oltre cinquecento proiettili, in movimento e a distanza, durante questi 15 giorni, e lanciato almeno 50 granate. I giorni sono grigi. Di tanto in tanto piove, e mi chiedo se la pioggia è un anticipo dell’inverno. Ma è solo il 5 ottobre. Questa mattina è sereno, con un leggero gelo. Il resto del giorno sarà probabilmente bello. Salutiamo la bandiera all’alba, e c’incamminiamo per la nostra marcia quotidiana con le nostre armi in spalla. Attraversiamo il fossato sul ponte di pietra, che risuona per il martellamento dei nostri sessanta paia di stivali. Laus non ci ordina di cantare, e per mezz’ora non sento nulla tranne che il suono dei nostri passi pesanti – un suono che mi piace. Non ho alcun desiderio di parlare, e respiro a pieni polmoni la fredda aria della foresta. Un meraviglioso senso di vitalità scorre attraverso le mie vene, e non faccio alcun sforzo per comprendere perchè stiamo tutti così splendidamente dopo una tale giornata di intensa esercitazione. Corriamo verso un alloggiamento di compagnia a circa sei miglia di distanza in un villaggio, chiamato Cremenstovsk, e salutiamo mentre passiamo, noi con le teste a sinistra, loro con le teste a destra. Senza alcuna dispersione o cambio di posizione nei ranghi ci muoviamo dal passo accellerato, al passo di marcia ordinaria e di nuovo al passo accellerato. Quando torniamo al castello vediamo una folla di facce nuove.
Tutti i sergenti istruttori si sono lanciati su queste giovani reclute. Rimaniamo in piedi presso l’entrata. Dopo un’ora, dato che nessuno ci ha ordinato qualche cosa, ammucchiamo le nostre armi, e ci sediamo sul pavimento del cortile. Parlo a uno della Lorena, un po’ in francese, un po’ in tedesco, e il mattino passa. Suona la campana del pranzo, e mettiamo via le nostre armi prima di andare nella sala da pranzo. E’ pomeriggio. Ancora nessun ordine, nessuna manovra da eseguire. A malapena possiamo crederlo. Non c’è ragione di scendere in cortile; ci manderebbero solo a fare qualche servizio. Di comune accordo, sgattaioliamo fino al terzo piano, dove ci sono più dormitori. Vediamo una scala che porta fino all’attico, e poi al tetto. Il sole batte sulle solide tegole. Ci allunghiamo completamente, e mettiamo i talloni contro la grondaia in maniera tale da non rotolare nel cortile sottostante. La giornata è magnifica. Sul tetto è spaventosamente caldo e in breve ci spogliamo fino alla vita, come se stessimo in spiaggia. Comunque, dopo un poco, il calore diventa insopportabile, e come molti altri abbandono il mio “posatoio”. Anche se fino al quel momento, è quasi divertente guardare giù alle frenetiche manovre delle reclute in un mare di insulti.

Written by dago64

February 13, 2010 at 6:11 pm

Posted in soldato VII